21 gennaio 2010

Equo compenso o equo scontento?

Il decreto ministeriale del 30 dicembre 2009 sta scatenando reazioni pressochè unanimi (e non certo positive) sia da parte dei consumatori, che da quella di produttori e rivenditori di apparecchiature informatiche ed elettroniche, in quanto prevede la maggiorazione del costo sia dei supporti di memorizzazione di massa che di tutto ciò sia in grado di riprodurli.

Il fine del prelievo è rifondere la SIAE del danno economico subito a causa delle mancate vendite derivanti dalle copie private: in Italia infatti vi è la "...possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore. In questo modo ognuno può effettuare una copia con grande risparmio rispetto all’acquisto di un originale..." (fonte: sito SIAE).

Ora i problemi che questo meccanismo di compenso viene a creare sono molteplici e perversi.

Il primo è ovvio: sta nel prelevare soldi indistintamente sia da chi utilizzerà un computer e un masterizzatore per crearsi la copia di centinaia di DVD reperiti chissà dove su Internet (creando un danno economico di migliaia di euro) e chi invece utilizzerà la stessa tipologia di apparecchiature per memorizzare il battesimo del figlio, la tesi di laurea o le fatture del negozio dei genitori.

Seguendo lo stesso principio chissà che in futuro non si tassino i motorini per risarcire gli anziani scippati dai centauri delinquenti... certo, allora diventerebbe però anche legale derubarli "ad uso privato".

Il paradosso mette in luce la mancanza che sta nel ragionamento di fondo della legge che regola la materia: se prendo una mela dal fruttivendolo senza pagarla (la rubo) e la mangio, lo avrò certo fatto ad uso "privato" (non la dividerò con qualche killer mafioso), il negoziante non potrà dire nulla, in quanto ciò sarebbe permesso dalla legislazione vigente, che però gli imporrebbe di alzare i prezzi per compensare la perdita economica subìta da quelli che si comporterebbero nella mia stessa maniera.

Tutti felici?

Non proprio, perchè gli altri clienti inizierebbero via via a rifiutarsi di pagare le mele (prima le singole mele, poi intere cassette), e così l'"equo compenso" da applicarsi sulle persone oneste, sulle società private o sugli enti pubblici e governativi continuerebbe a salire a dismisura, in una spirale senza fine.

Ritorniamo a noi, e pensiamo a cosa finirebbe col comportare il persistere di una legge come quella attuale: un pesante danno economico a chi utilizza le moderne tecnologie per lavorare, produrre innovazione, muovere capitali e attivare l'economia.

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