13 luglio 2011

La riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle (1)

La centrale termoelettrica di Polesine Camerini
Regolarmente, più volte durante la settimana, escono sui quotidiani articoli in merito alla riconversione a carbone della centrale elettrica di Porto Tolle.

Ciò avviene dopo che il Consiglio di Stato ha demolito le già ottenute autorizzazioni ambientali regionali e nazionali.

Forse però bisognerebbe fare un po' di chiarezza su alcune questioni non trascurabili, e fornire dati corretti.

La prima questione da affrontare è quella dell'OCCUPAZIONE.

Molti sono (giustamente) preoccupati del fatto che i poveri operai attualmente impiegati presso l'impianto perdano il posto di lavoro. Ma quanti sono?
Secondo le credenze popolari diffuse la nuova centrale dovrebbe dare stabilmente lavoro a 2.000 persone... secondo il delegato alle relazioni esterne dell'ENEL dovrebbero essere 800 (vedi articolo Corriere della Sera del 13.07.2011) e invece, se andiamo a controllare quanto indicato sul materiale informativo della medesima Società, scopriamo che gli impiegati stabilmente saranno circa 350.
Per inciso attualmente nell'impianto lavorano 150 persone (secondo quanto dichiara l'ENEL).

Un moderno impianto a gas naturale di potenza elettrica paragonabile a quella della centrale dopo la riconversione (2.000 MWe) darebbe lavoro a circa 100 tra operai e tecnici.
In Gran Bretagna almeno servono 100 persone per condurre un impianto di tale potenza, non 20 come paventato dalla Società italiana... ovvio che non abbiamo dubbi sul valore e sulla dedizione al lavoro del popolo italico, ma una maggiore efficienza nel rapporto di 5 a 1 ci pare senz'altro esagerata.
Quindi alla fine dei conti i posti di lavoro che andrebbero "persi" nel caso la riconversione non fosse fattibile sarebbero 50, non centinaia.

E con chi dovrebbero prendersela le 50 famiglie interessate dall'eventuale perdita della fonte di sostentamento? Con gli ambientalisti? Con il Consiglio di Stato?

No. Con l'ENEL.

Perchè una Società che avvia l'iter per la riconversione a carbone di un impianto per la conduzione del quale è già stata condannata (per incremento delle emissioni inquinanti), che si trova nel mezzo di un parco naturale e in una Regione nella quale esiste una legge che VIETA la riconversione di centrali termoelettriche a carbone nel caso queste si trovino in riserve o parchi non può lamentarsi se per caso il progetto non passa.

E la cosa terrificante è che anzichè fustigare o perlomeno deridere sulla pubblica piazza progettisti poco avveduti e dirigenti non particolarmente scaltri o malamente informati, se ne fanno tante al punto che la REGIONE VENETO corre a modificare la legge di cui sopra e il suo Presidente si prodiga in continue dichiarazioni volte a rassicurare che la riconversione verrà portata avanti, in quanto opera essenziale.

Interessa a qualcuno che l'aria nella Pianura Padana sia per moltissimi giorni l'anno di una qualità così infima che i Sindaci dovrebbero fermare la maggior parte dei grossi impianti produttivi, il trasporto privato, chiudere le scuole e compagnia bella?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Si tratta sempre di come si guardano le cose....

Se attivo una "centrale" sono un inquinatore, se accendo un numero equivalente di "stufe a pellets" sono ecologico e godo pure di incentivi statali...

Ars Tecnica ha detto...

Non è propriamente così... in questo caso fornendo dati falsi si cerca di "spingere" un progetto basato su una tecnologia decisamente più sporca del gas naturale, in un ambiente fragilissimo e a discapito delle categorie sociali più deboli, unicamente per massimizzare i guadagni dell'ENEL.

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